Maria Bolognesi nacque a Bosaro (RO) il 21 ottobre 1924. Ebbe umilissime origini; fu iscritta all’anagrafe con il cognome della madre Samiolo, poiché il genitore naturale rifiutò di riconoscerla. Nel 1930, la mamma sposò Giuseppe Bolognesi, bracciante agricolo di Selva di Crespino, il quale diede alla piccola il proprio cognome.
Conseguentemente a ciò, Maria uscì dalla casa dei nonni materni per trasferirsi in quella del padre adottivo, dove, assieme agli stessi genitori ed ai sette fratellini nati successivamente, per lungo tempo conobbe la durezza e la crudezza della povertà e della miseria.
A causa della precaria condizione economica, dovuta al lavoro stagionale del padre, e a ricorrenti problemi di salute dei componenti la famiglia, Maria dovette fin da piccola occuparsi dei lavori di casa e impegnarsi anche in quelli dei campi, per cui poté frequentare solo a intervalli le prime due classi elementari.
Nonostante ciò, non si perse d’animo, non si scoraggiò, diventando ben presto per tutti e soprattutto per i suoi famigliari: cuore generoso e fiero, pronto a donarsi e a donare.
Questo stile di vita trova conferma e spiegazione nelle parole di Mons. Aldo Balduin, suo ultimo direttore spirituale, che nell’anno della morte di Maria (1980) fece stampare dalla tipografia del seminario il primo profilo biografico “Una vita per i poveri”, dove egli scrisse:
“Nella puerizia sentì la voce del Signore che la chiamava a consacrarsi a Lui ed essa rispose subito di sì. Ella rammentava all’occasione con gioia e riconoscenza quell’atto compiuto nella campagna solitaria.
Seguì quella voce passo passo lungo la traiettoria infallibile della fedeltà ai comandamenti di Dio, ai precetti della Chiesa, all’esercizio quotidiano delle virtù teologali e cardinali, fino alla pratica dei consigli evangelici e alle grazie mistiche”.
Questo cammino spirituale fu contrassegnato anche da una prova durissima: “Per oltre un anno e mezzo, dal giugno 1940 al gennaio 1942, fu posseduta da Satana, divenendo lo zimbello del paese, che la giudicò pazza. Liberata misteriosamente dalla possessione demoniaca, divenne oggetto di incredibili favori divini. Essi furono accompagnati dall’incontro settimanale con il Signore e convalidati dalla manifestazione di avvenimenti futuri – a lei rivelati con precisione di giorno, mese, anno – avvenimenti poi puntualmente verificatisi. Trattandosi di eventi futuri lontani, legati al gioco della libertà umana, sconosciuti pertanto a Satana e rientranti nella esclusiva pertinenza divina, essi depongono per la soprannaturalità degli stessi e configurano la Bolognesi tra le persone che nella storia della mistica cristiana hanno segnato pagine di altissima levatura spirituale”. (P. Tito Sartori, Postulatore della Causa di canonizzazione)
Superata questa prova, il 1° aprile 1942, mercoledì santo, Gesù le apparve per la prima volta in vesti candide e luminose, le parlò a lungo rivelandole il progetto d’amore che aveva posato su di lei e le mise al dito un anello: “Maria dammi la tua mano destra, questo è l’anello che ti dono, cinque sono le piaghe e cinque sono questi rubini, che cosa vuoi ancora? L’anello un giorno sarà ancora mio”.
Queste parole le troviamo scritte nel diario che Maria cominciò a tenere con regolarità su specifica richiesta del primo direttore spirituale Don Bassiano Paiato e dei successivi altri tre direttori – Mons. Rodolfo Barbieri, Mons. Adelino Marega, Mons Aldo Balduin – fino al luglio 1967. Attraverso la lettura di ben 2647 pagine di quaderno e della numerosissima corrispondenza da Maria stessa conservata e ora custodita presso l’archivio del Centro Maria Bolognesi, attore della Causa di Canonizzazione in corso, appare evidente la figura di una donna attiva, piena di risorse, che si faceva notare per la sua dolcezza, per l’amore profondo e la bontà verso i poveri e gli ammalati, per la sua intelligenza chiara, per la semplicità nel parlare, per il modo con cui istruiva i piccoli e i giovani, e come consigliava e ammaestrava gli adulti che a lei si rivolgevano per aiuto.
Per adempiere ad un voto, nel 1943 cominciò a portare un abito nero che non depose mai fino alla morte, per dedicarsi a quell’ideale che teneva chiuso nella mente e nel cuore. Infatti, la sua vita interiore – come lasciò scritto di lei Mons. Aldo Balduin – si svolse su due linee essenziali: “amare Dio con semplicità di cuore e servirLo con semplicità nei fratelli bisognosi”, anche quelli ingenerosi verso di lei.
“La singolarità dell’abbigliamento fece generalmente pensare ad una stranezza che, unita alla pratica devozionale e ad una sistematica fuga da qualsiasi forma di notorietà spinse molti a giudicarla come minimo isterica, se non addirittura pazza. Queste qualifiche ne segnarono negativamente l’intera esistenza e perfino la successiva memoria. Chi però la conobbe da vicino ne ebbe la dimostrazione contraria. Maria Bolognesi fu donna di grande equilibrio, arricchita da una intelligenza superiore alla media, dotata di grande perspicacia anche nelle umane vicende, generosa ed altruista fino all’eroismo”. (P. Tito Sartori)
L’8 novembre 1946, a ventidue anni, obbediente alla voce di Gesù, lasciò il domicilio paterno, con il consenso dei genitori e del primo direttore spirituale, per dimorare in loc. Cavazze di Crespino presso la famiglia di Angelina e Ferdinando Piva, suoi primi benefattori: con il loro contributo poté aprire una specie di scuola materna privata per aiutare le mamme occupate nel lavoro dei campi.
Nel 1952 per motivi di salute si trasferì a Rovigo, amorevolmente accolta e curata prima dalla famiglia della signora Vanda Guerrato e successivamente nel 1955 dalla famiglia Mantovani, i cui componenti – mamma Novella, ed i figli Zoe, Gino, Emanuele – le furono sempre vicini fino al giorno della morte.
Il venerdì santo del 1955, alle ore 15.00, Gesù le apparve e nel corso dell’estasi le mise al dito un secondo anello, tuttora esistente, raffigurante il volto dell’Ecce Homo: “Maria, le mie piaghe sono anche tue, so quanto Mi ami, tu ripeti sempre, voglio essere solo di Gesù, ed Io sono tuo”.
Nell’ottobre del 1966, facendo obbedienza a Gesù, Maria uscì da casa Mantovani per trasferirsi con Zoe in una piccola mansarda di via Mazzini, e da qui, nel 1971, passò in via Giovanni Tasso 49, zona San Bortolo, in un’abitazione propria, costruita con i mezzi che alcuni benefattori misero nelle sue mani.
La sua intenzione era quella di realizzare un piccolo convalescenziario, nel quale ospitare ammalati di famiglie povere, soprattutto bambini, dimessi dall’ospedale ma ancora bisognosi di attenzioni e cure.
L’edificio composto di due piani fu costruito, ma il progetto convalescenziario non poté essere realizzato a causa delle sopravvenute precarie condizioni di salute di Maria: infatti fu colpita da un primo gravissimo infarto proprio nel dicembre del 1971, seguito da altri frequenti problemi cardiocircolatori e nuove malattie.
Impossibilitata a sostenere fatiche fisiche e affrontare intemperie, come riferisce Zoe Mantovani, che le fu vicina per 25 anni, Maria dovette frenare lo slancio della sua attività operosa fuori casa; seppe in ogni modo essere sempre d’aiuto a chi era nel bisogno, avvalendosi anche di preziosi collaboratori. Durante le pause di lavoro, quando era in salute, oppure nei periodi di convalescenza, ebbe modo di coltivare il suo amore per la musica e soprattutto per la pittura; numerosissimi sono i dipinti ad olio da lei realizzati, in cui ha cantato il Creato, che ogni giorno osservava, studiava, amava nelle sue bellezze e forme più varie. Un particolare importante: le tele molto spesso venivano offerte ai benefattori che ben volentieri l’aiutavano nell’assistenza ai poveri.
In questa casa di via Giovanni Tasso, dove trascorse gli ultimi anni di vita offrendosi totalmente a Dio nella preghiera e nelle opere di misericordia corporali e spirituali, Maria Bolognesi si spense serenamente il 30 gennaio 1980.
“Sepolta nella nuda terra del cimitero di Rovigo, Maria rimane, povera tra i poveri, segno della presenza divina nelle anime umili. Anche se i doni mistici, che ne arricchirono il rapporto con il Signore, rimangono pur sempre lontani dalla nostra esperienza, il suo amore agli indigenti, la sua dedizione agli infermi, la sua partecipazione alle sofferenze altrui sono anche per noi un esempio al quale guardare e un motivo in più per chiederle di intercedere presso Dio a nostro favore”. (P. Tito Sartori)
Il 21 ottobre 1992 il Vescovo di Adria-Rovigo, Mons. Martino Gomiero, accogliendo la richiesta avanzata dal Postulatore Padre Tito Maria Sartori O.S.M., dette inizio al Processo di canonizzazione che, in sede diocesana, venne chiuso l’8 luglio 2000.
Tutta la documentazione “sulla vita, le virtù e la fama di santità” della Serva di Dio Maria Bolognesi venne consegnata il successivo 11 luglio 2000 a Roma alla Congregazione per le Cause dei Santi.
Attraverso lo studio di essa, il Postulatore ha completato e sta per consegnare al relatore ed ai teologi la “Positio super vita et virtutibus”; il conseguente giudizio degli esperti, se positivo in quanto all’esercizio eroico delle virtù praticate dalla Serva di Dio, porterà al riconoscimento della “Venerabilità” per questa nostra concittadina.
Nella successiva fase romana saranno esaminati gli eventuali processi diocesani istruiti su presunti fatti prodigiosi avvenuti per intercessione della Serva di Dio. A tale riguardo, il 15 dicembre 2005 è stata consegnata a Roma la documentazione del primo di tali processi, conclusosi nella Diocesi di Padova, concernente l’improvvisa e duratura guarigione di Marco Ferrari, avvenuta nel febbraio del 1994 quando aveva 27 mesi.
Il 21 ottobre del 2006, in occasione dell’anniversario della nascita di Maria Bolognesi, a Bosaro è stata a lei intitolata la piazza antistante la chiesa e ivi inaugurato una scultura commemorativa.
Il 15 aprile 2008 le sue spoglie mortali sono state traslate con procedura “privilegiata” dal cimitero di Rovigo per essere tumulate nella Chiesa Parrocchiale di Bosaro.
A cura del “CENTRO MARIA BOLOGNESI”
Via Giovanni Tasso, 49 – 45100 Rovigo
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sito: www.mariabolognesi.it
Pagina aggiornata il 03/09/2024